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Recente analisi su rigenerazione delle cellule retiniche post mortem

Una recente analisi, divulgata sulla rivista Nature, potrebbe svelare nuovi sentieri terapeutici per patologie neurodegenerative, tra cui la degenerazione maculare legata all’età, che compromette la capacità visiva con il trascorrere degli anni. Un’analisi eseguita su 40 occhi di individui recentemente deceduti ha rivelato la possibilità di “riattivare” alcune cellule nervose dell’organo visivo post mortem. Queste cellule, conosciute come fotorecettori retinici, quando adeguatamente ossigenate e alimentate, possono riprendere a rilevare la luce e a trasmettere informazioni. Il merito della scoperta va al team di specialisti del John A. Moran Eye Center presso l’Università dello Utah, dello Scripps Research Institute, del Salk Institute for Biological Studies in California, e dell’Università di Berna, Svizzera. Questa rivelazione sfida le precedenti convinzioni riguardo l’irreversibilità della morte delle cellule del sistema nervoso centrale.

Dettagli dell’analisi
Durante l’indagine, gli esperti hanno studiato sia la retina dei roditori che quella umana, cercando metodi per rigenerare i fotorecettori, le cellule nervose che facilitano la percezione visiva. Hanno identificato che tali fotorecettori interrompono la comunicazione con le altre cellule retiniche a seguito della mancanza di ossigeno post mortem. Per affrontare questa sfida, è stato progettato un dispositivo avanzato di preservazione per gli organi donati, assicurando un’adeguata ossigenazione e fornendo elementi nutritivi essenziali.

Le scoperte chiave
Utilizzando tale strumento, “abbiamo potuto ristabilire la comunicazione tra le cellule retiniche simile a come avviene in condizioni vitali”, ha illustrato il dott. Frans Vinberg del Moran Eye Center. Dettagliando ulteriormente, la dottoressa Fatima Abbas, leader dell’analisi, ha riferito che “nelle retine ottenute entro cinque ore dal passaggio dei donatori, queste cellule hanno reagito a diversi tipi di stimoli luminosi, dalle luci intense a quelle di debole intensità”. Vinberg ha infine affermato: “Questo apre una porta alla ricerca sulla visione umana in modi che non erano possibili con i soli modelli animali. Speriamo che incoraggi le associazioni di donazione, i donatori e le banche oculari, facendo loro comprendere le potenzialità rivoluzionarie di queste indagini”.